Addio a Pierre Cardin, il percursore della moda futurista
Il 2020 ha fatto in tempo a portarsi via anche Pierre Cardin, precursore della moda dal futuro. Con abiti e accessori ispiranti il vestiario del Pianeta Marte, ha vestito tutto il mondo per oltre 98 anni attribuendo al guardaroba internazionale un tocco di immaginazione - accessorio (visionario) di cui oggi le passerelle non possono più spogliarsi. Lo stilista italiano naturalizzato francese è morto nell'ospedale di Neuilly, nei pressi di Parigi. La notizia, comunicata dalla famiglia all'agenzia Afp, sta facendo il giro del mondo della moda e non solo. Perché l'artista trevigiano, nato il 2 luglio 1922 a San Biagio di Callalta, è stato un tuttofare dall'ago in mano ma anche icona del volontariato dal cuore grande.
E pensare che Balenciaga, all'alba degli Anni Cinquanta, lo rifiutò. Fu invece Dior ad aprirgli le porte del (suo atelier) e del successo, mettendolo a capo della sartoria. Di lì in poi - più o meno dal 1947 - il Cardin della moda fu protagonista di una scalata internazionale alquanto prodigiosa. In soli tre anni fondò la maison omonima, nel 1951 firmò gli abiti eccentrici e scenografici del ballo in maschera organizzato a Venezia da Carlos de Beistegui; infine, nel 1953 presentò la sua prima collezione offrendosi al grande pubblico come lo stilista che guardava in avanti.
La sua casa di moda, per prima, varcò le soglie del fashion market giapponese e il suo nome diventò chiacchieratissimo grazie a una collezione low cost del 1959 - realizzata per i grandi magazzini francesi Printemps. Una mossa (forse troppo "bassa") che la Chambre Syndacale de la Couture non approvò fino a cacciarlo e riammetterlo poco dopo. Questa "crepa" nella sua carriera gli permise di spalancare le porte del suo Espace Cardin: lanciando, già negli Anni Settanta, la moda - sì - che le maison gestissero un grande spazio di proprietà per ospitare eventi e promozioni di collezioni.
Il pallino per la tecnologia gli ha rimbalzato nella testa (e nel cuore) per tutti gli anni del suo lungo lavoro spingendolo a realizzare creazioni originali con tessuti da "altro mondo" e geometrie - potremmo dire - spaziali. Così se ne va la firma degli occhiali a mascherina - ancora oggi un culto al buio dei club "più in" del mondo -, i pullover iconici della sua linea e gli stivali alti (rigorosamente in vernice). In eredità ci ha lasciato il Bubble Dress (letteralmente, il "vestito delle bolle") - forse il suo abito più famoso -, omaggio alla sua celeberrima casa Palais Bulles: 1200 metri quadri vista costa di Cannes, costruita in collaborazione con l'architetto Antti Lovag e composta da una serie di finestre curvilinee chiuse e aperte con un arredamento Anni Sessanta. Proprio quest'anno, durante la fashion week parigina, lo stilista aveva festeggiato i settant'anni della sua maison. Oggi invece gli diciamo addio, ricordandolo come la firma della moda di ieri che sarebbe stata quella del futuro.